Lui si chiama Luca Scarpellini ,classe 82 da Forlì protagonista,questo mese, nella nostra rubrica Artigiani/Designer.
Luca è una di quelle menti che io amo definire “curiosa”.
Laureato con lode in scenografia presso la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia ha un passato da giocoliere ed equilibrista, ed una scampata (per fortuna) carriere da ingegnere meccanico.
Ma perchè Luca è il nostro Artigiano/Designer di Febbraio?
Perchè dal 2008 progetta e realizza prodotti di design, realizzati con le proprie mani, utilizzando materiali usati e di scarto, che il buon Luca trova nei posti più impensati.
Ogni parte del processo di realizzazione viene curata personalmente da lui, dalle saldature agli assemblaggi, dalle sabbiature alle verniciature, per ottenere oggetti unici nel loro genere, colorati, moderni e divertenti.
Tutto quello che produce è commercializzato sotto il marchio useDesign che lui stesso ha ideato.
Questo è quello che Luca intende per useDesign.
“Gli oggetti usati, le loro storie sconosciute, il loro passato misterioso che affiora solamente da quell’usura che solo una vita vissuta fra gli uomini può essere in grado di donare, mi aggredisce, mi getta violentemente in uno stato di soggezione e timore quasi reverenziale nei confronti di tante realtà che mi rimarranno precluse per sempre.
Il vedere dei graffi o delle ammaccature in un oggetto proveniente da un mercatino delle pulci o da un ferrovecchio fa nascere mille interrogativi: cosa ha passato questo oggetto per finire abbandonato in questa sorta di cimitero? Chi lo ha posseduto e cosa ne ha fatto? Quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a non gettarlo infine tra i rifiuti, ma a “salvarlo” in certo qual modo, dandogli la possibilità di una nuova esistenza?
Se solo gli oggetti potessero avere occhi per guardare, memoria per conservare, ma soprattutto voce per raccontare…
Perso in questi pensieri mi rendo sempre più conto di quanto fragile sia la mente umana, soggiogata da una curiosità morbosa e nello stesso tempo, succube di quello stesso istinto, fino quasi alla follia.
Il mio design è fuggire. Fuggire da tutto questo, rassegnarsi a non capire, a non sapere, a non soddisfare i propri istinti. Il mio design è un funerale. Con stucchi e vernici cerco di coprire, per quanto possibile, il passato degli oggetti, di seppellirli sotto uno strato glamour e kitsch. Mi accorgo però che questo mio agire porta inevitabilmente ad un processo di restituzione della vita, una vita nuova, diversa, nella quale solo le forme ricordano quelle della precedente, ormai defunta.
E’ così che un telefono diventa un orologio, una caffettiera o una bilancia magicamente si trasformano in lampade, o ancora un vecchio tosaerba, pericoloso, con le sue affilate lame, entra in una camera da letto, silenzioso, per sostenere i vestiti di una giornata pesante, mentre ci si riposa, vegliando e aspettando l’inizio di un nuovo giorno e il sorgere di un nuovo sole. ”
Il vedere dei graffi o delle ammaccature in un oggetto proveniente da un mercatino delle pulci o da un ferrovecchio fa nascere mille interrogativi: cosa ha passato questo oggetto per finire abbandonato in questa sorta di cimitero? Chi lo ha posseduto e cosa ne ha fatto? Quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a non gettarlo infine tra i rifiuti, ma a “salvarlo” in certo qual modo, dandogli la possibilità di una nuova esistenza?
Se solo gli oggetti potessero avere occhi per guardare, memoria per conservare, ma soprattutto voce per raccontare…
Perso in questi pensieri mi rendo sempre più conto di quanto fragile sia la mente umana, soggiogata da una curiosità morbosa e nello stesso tempo, succube di quello stesso istinto, fino quasi alla follia.
Il mio design è fuggire. Fuggire da tutto questo, rassegnarsi a non capire, a non sapere, a non soddisfare i propri istinti. Il mio design è un funerale. Con stucchi e vernici cerco di coprire, per quanto possibile, il passato degli oggetti, di seppellirli sotto uno strato glamour e kitsch. Mi accorgo però che questo mio agire porta inevitabilmente ad un processo di restituzione della vita, una vita nuova, diversa, nella quale solo le forme ricordano quelle della precedente, ormai defunta.
E’ così che un telefono diventa un orologio, una caffettiera o una bilancia magicamente si trasformano in lampade, o ancora un vecchio tosaerba, pericoloso, con le sue affilate lame, entra in una camera da letto, silenzioso, per sostenere i vestiti di una giornata pesante, mentre ci si riposa, vegliando e aspettando l’inizio di un nuovo giorno e il sorgere di un nuovo sole. ”
Per maggior info : useDesign
questa mente mi piace!
complimenti al premiatore!